Da Bartolo Longo di Marco Urraro edito da Guida Editori – Introduzione al libro
Il romanzo, nel tracciare la vicenda umana del beato Bartolo Longo, propone un parallelo tra la società attuale e le sue origini ideologiche, che si collocano principalmente nella società dell’Ottocento. Un modus vivendi, quello ottocentesco, già indagato dall’autore nei suoi precedenti romanzi storico-biografici. Il punto fondamentale di questo parallelismo riguarda la condizione dell’Occidente nei termini della fede e, in generale, l’atteggiamento della società contemporanea verso il Cristianesimo. L’autore avrebbe voluto dedicare un saggio a tale argomento, ma ha preferito dare precedenza a questo romanzo, dove la figura di Bartolo Longo è assunta a terreno di resoconto tra quelle che erano le massime aspirazioni di progresso della società ottocentesca e i risultati che si sono proiettati nella società di oggi. Nella storia del progresso, tutti gli uomini sono coinvolti, ora come artefici, soprattutto se ricoprono incarichi di potere, ora come spettatori, se si limitano a inseguire delle mere illusioni; e quindi è estremamente interessante ripercorre le vicissitudini del nostro personaggio, ora nelle vesti dell’uomo comune, ora di professionista e intellettuale, che in gioventù si lasciò conquistare in pieno dai principi liberali del suo tempo, che spesso sfociavano nel tentativo di attualizzare una nuova forma di potere sovrumano. Molto probabilmente la volontà di fondare un grande Santuario in una terra tanto povera e desolata come Valle di Pompei fu la reazione, quasi inevitabile, a tutto il processo di isolamento, costrizione e desolazione patito da Santa Romana Chiesa, specie all’indomani del poco conosciuto Regio Decreto del 1866. Quindi, una reazione ideale a quanto si stava verificando ma non era ancora stato concettualmente elaborato, vale a dire la presa di controllo, da parte dell’uomo scientifico e tecnologico, dell’immaginario delle masse che, fino ad allora unite nella fede in Cristo, avevano costituito in Occidente un corpus sociale e culturale compatto, uno Stato di fede, unitario trasversale agli Stati, nazionali e non, che poi, nel corso dei secoli moderni, attraverso guerre e rivoluzioni, hanno assistito al sistematico abbandono della religiosa cristiana da parte delle masse a favore di altre forme spirituali, vere e proprie eterodossie alternative alla religione stessa, principiate dalla Rivoluzione del 1789 con l’istituzione del culto dell’essere supremo. Come sempre accade, una delle caratteristiche peculiari della società post rivoluzionaria fu quella di far leva sull’odio e sui rancori individuali in nome di un culto totalitario dell’intelligenza, scatenando guerre concentriche per scopi di reggenza oligarchica: guerre che vediamo scoppiare ancora oggi per mantenere costante uno spirito rivoluzionario che, in realtà, si è esaurito e quasi decaduto, e in nome del quale le colpe ideologiche non si contano. Una delle colpe della società ottocentesca è aver dato nuova linfa all’occultismo, quindi allo spiritismo, una delle principali vie per giungere al dominio assoluto dell’Io sono, teorizzato dal Conte di Saint Germain, una tendenza che rischia fortemente di assumere connotazioni malefiche. Oggi, una via altrettanto rischiosa, è l’uso distorto dell’intelligenza artificiale. Come l’occultismo, infatti, anch’essa rischia di venire manipolata a fini ideologici e a scopi soprannaturali. Questa fame di dominazione sulla natura, espressione dell’occultismo, invischiò lo stesso Bartolo Longo, che ne uscì psicologicamente e fisicamente provato. Da qui, poi, la sua volontà di redenzione e di ricerca di salvezza, per sé e per il prossimo. Basti pensare che, anche assorbito dalla fondazione delle Opere pompeiane, non smise mai di studiare e di occuparsi della questione scientifica, dando grande prova di conoscenza e intelligenza a fini di carità cristiana. La preghiera collettiva della Supplica, così, non è che il massimo capolavoro di sintesi del beato in termini di razionalità teologica. Per questi motivi, nell’approssimarsi del centenario della dipartita di Bartolo Longo, si dovrebbe parlare, oggi più che mai, della grande eredità lasciataci dal beato, il quale ci ricorda che Dio stesso ha posto l’uomo come principio e fine di questo mondo terreno, ma ai fini dell’umana predestinazione, e non della massificazione e del dominio spregiudicato sulla natura.
L’autore Marco Urraro


Lascia un commento